I dati acquisiti dalla memoria del telefono (come sms o WhatsApp) e le e-mail hanno natura di documenti ai sensi dell’art. 234 cod.proc.pen.
Nella recente sentenza del 16 gennaio 2018 la suprema Corte di Cassazione, IV sezione penale, entra nel merito della natura giuridica dei moderni strumenti di comunicazione, come ad esempio i cellulari, e afferma, nel caso in questione, che l’attività acquisitiva dei dati informatici non soggiace ne alle regole stabilite per la corrispondenza ne a quelle previste per le intercettazioni telefoniche.
Ribadisce poi che, secondo l’insegnamento della Corte, ai messaggi Whatsapp e sms, non è applicabile la disciplina dettata dall’art. 254 cod.proc.pen., in quanto non rientrano nel concetto di “corrispondenza”, concetto che implica un’attività di spedizione in corso o avviata tramite terzi.
Di seguito la sentenza.