Con quattro sentenze “gemelle” le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno chiarito il complesso tema della compensatio lucri cum damno, oggetto negli ultimi anni di accesi contrasti giurisprudenziali.
Il punto della questione è il seguente: nel caso in cui il danneggiato, in forza del danno occorsogli a causa del fatto illecito subito, oltre ad aver diritto al risarcimento da parte del danneggiante goda anche di altri vantaggi aventi diverso titolo, nella legge o in un contratto (ad esempio rendita per inabilità permanente corrisposta dall’Inail per infortunio in itinere, pensione di reversibilità, indennizzo assicurativo etc), tali diverse attribuzioni patrimoniali vanno tra loro cumulate oppure scomputate?
La risposta al quesito non è mai stata univoca e dunque la Corte di Cassazione è stata chiamata a pronunciarsi per dirimere il contrasto.
Bisogna anzitutto tener distinti due casi.
Il primo: quando l’autore dell’illecito tenuto al risarcimento coincide con il soggetto chiamato, per legge o per contratto, ad erogare il beneficio, le Sezioni Unite ritengono che l’istituto della compensazione operi. Alle somme spettanti a titolo di risarcimento andranno dunque scomputate le somme dovute per qualsiasi altra indennità al cui versamento sia tenuto il medesimo soggetto responsabile dell’illecito. Ad esempio: l’indennizzo corrisposto dal Ministero della Salute al danneggiato a seguito di emotrasfusioni con sangue infetto deve essere integralmente scomputato dalle somme spettanti a titolo di risarcimento del danno dovute dal medesimo Ministero alla medesima vittima.
La seconda fattispecie, fonte di discordia tra i Giudici, riguarda invece i casi in cui vi sia una duplicità di posizioni pretensive di un danneggiato verso due soggetti diversi, tenuti, ciascuno in base a differente titolo, ad elargire un vantaggio al danneggiato stesso.
In tal caso una parte della giurisprudenza affermava che i vantaggi conseguenti all’illecito andassero cumulati e non scomputati dal risarcimento dovuto dal responsabile dell’illecito. Ciò in quanto:
Un’altra parte della giurisprudenza sosteneva invece la tesi contraria; risarcimento e beneficio vanno compensati in quanto:
Il contrasto giurisprudenziale è stato oggi chiarito da quattro sentenze “gemelle” delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione (datate 22/05/2018, n. 12564, 12565, 12566 e 12567)[1], le quali hanno sancito che, fermo restando il principio secondo cui il danno non può mai costituire fonte di lucro per il danneggiato, per decidere se decurtare il vantaggio al risarcimento è necessario analizzare il nesso causale intercorrente tra la condotta illecita ed il beneficio collaterale.
La prospettiva dunque non è quella della coincidenza formale dei titoli ma quella del collegamento funzionale tra la causa del beneficio collaterale e l’obbligazione risarcitoria. Affinché operi la compensatio non è necessario che il lucro sia conseguenza immediata e diretta del fatto illecito ma è sufficiente che rientri nella serie causale dell’illecito.
Inoltre è necessario esaminare il contenuto del vantaggio (la selezione tra i casi in cui ammettere o negare il diffalco deve essere fatta per classi di casi) e verificare se l’ordinamento preveda un meccanismo di surroga o di rivalsa che instaura la correlazione tra classi attributive altrimenti disomogenee.
Al termine di queste valutazioni si potrà determinare se procedere o meno alla detrazione della posta positiva dal risarcimento.
[1] Viene richiesto alla Suprema Corte di decidere:
– se, in tema di danno patrimoniale patito dal familiare di persona deceduta per colpa altrui, dall’ammontare del risarcimento debba essere detratto il valore capitale della pensione di reversibilità percepita dal superstite in conseguenza della morte del congiunto (Cass. SS.UU. 22.05.2018 n. 12564)
– se nella liquidazione del danno da fatto illecito debba tenersi conto in detrazione del vantaggio sotto forma di indennizzo assicurativo che il danneggiato abbia comunque ottenuto in conseguenza di quel fatto (Cass. SS.UU. 22.05.2018 n. 12565)
– se dal computo del pregiudizio sofferto dal lavoratore a seguito di infortunio in itinere causato dal fatto illecito di un terzo vada defalcata la rendita per l’inabilità permanente costituita dall’INAIL (Cass. SS.UU. 22.05.2018 n. 12566)
– se nella liquidazione del danno patrimoniale relativo alle spese di assistenza che una persona invalida sarà costretta a sostenere vita natural durante, debba tenersi conto, in detrazione, della indennità di accompagnamento erogata dall’INPS (Cass. SS.UU. 22.05.2018 n. 12567)